Monte Boglia, alla conquista del blu


Di Paola Cerana

Quando l’inverno dimentica il suo rigore e regala una giornata a dir poco primaverile bisogna approfittarne. Scarpe comode, nordic, gambe forti e tanta sete di vita! Via, si parte alla conquista di una delle molte cime che abbracciano il nostro bel Cantone. Non serve nemmeno andar tanto lontano da casa. La città di Lugano è incorniciata da montagne pittoresche – le Prealpi luganesi – che in questa stagione, con i loro profili imbiancati, orlano il cielo di preziosi merletti.

Una meta tra le mie preferite è il Monte Boglia che, nonostante la sua modesta altezza (solo 1516 metri) invita a farsi esplorare al solo sguardo. È quella morbida cima, simile alla sommità di un pandoro, che si profila oltre il Brè e si allunga fin verso i Denti della Vecchia. Il Boglia, al contrario del Brè che ospita un noto ristorante panoramico, è una nuda vetta, senza capanna, né ristoro, né bagno. Niente. Solo la Natura e l’immancabile croce che svetta sul punto più alto, insieme a un paio di panchine in legno per chi volesse gustare con lentezza il panorama, in compagnia dei propri pensieri. Ma per arrivarci bisogna sudare, e questo è il bello della conquista. Il Boglia è raggiungibile da più punti: principalmente da Brè Paese, da Cadro, o da Cureggia. Sono punti di partenza comodi, dove poter lasciare l’auto e tuffarsi con energia nel cammino. Da Cureggia è cominciato il mio: temperatura perfetta per una mattina di pieno gennaio, pochissima foschia e un sole invitante che promette una vista impagabile da lassù. E così, percorrendo il sentiero che attraversa l’Alpe Bolla, passo dopo passo mi sono lasciata risucchiare nell’immenso ventre della montagna. Un ventre accogliente, fatto di conifere ma soprattutto di castagni e di maestosi faggi, ancora impoveriti dal freddo ma già impazienti di rinvigorire le chiome. Un tappeto di foglie secche copre ancora generosamente i sentieri, dove le possenti radici delle piante serpeggiano solide rubando al terreno l’energia necessaria per crescere. Silenzio assoluto attorno, rotto solo dal frusciare delle scarpe tra il fogliame che porta alle narici un buon odore di humus. La salita, in principio, è piacevolmente ripida e, ansa dopo ansa, tornante dopo tornante, spinge sempre più su, fino a lasciare intravedere la cresta liscia del Boglia che spazia nel cielo. Sembra un gigante calvo, perché la vegetazione lo ricopre solo fino a un certo punto, lasciando libera la sommità “pelata”. Nessuno, non c’è anima viva lassù, un altro regalo di questa spettacolare giornata! Percorrere l’ultimo tratto infonde un’emozione particolare, almeno a me che sfido le mie inguaribili vertigini per amore della montagna. Mi pare di camminare come un funambolo su una linea sottile che taglia in due il Monte: da un lato la Svizzera, dall’altro l’Italia, paradossalmente divise e cucite dalla Natura. Vinte le vertigini, il premio è arrivare in vetta, accanto alla croce: l’aria freschissima carezza la pelle, il sudore si stempera al sole e lo sguardo spazia abbeverandosi di una bellezza rara. Blu, è tutto blu attorno, e se il Paradiso esiste somiglia senz’altro a questo teatro naturale. Si ha il tempo di riflettere qui, o di sospendere il pensiero razionale, se si preferisce, per lasciarsi attraversare da una purezza incontaminata, lontano dalla fretta, dal rumore e dal malumore. Mi domando se sono io – essere umano – ad aver conquistato la montagna con la sua aura blu o, viceversa, se sia lei a disarmare con la sua immensa bellezza la mia fugace presenza. Certa della risposta, inforco nuovamente i nordic e mi riavvio per il ritorno: altre due ore e mezza di cammino fino all’auto. Vinco per l’ennesima volta i brividi e, di buona lena, scivolo nell’ombra del bosco che custodisce ancora i miei passi. Consiglio a chiunque ami la Natura e la montagna di avventurarsi su questa vetta ma consiglio anche di restare fedeli ai sentieri segnalati. Le frecce gialle sono amiche e accompagnano al traguardo, mentre qualche fuori programma un po’ più azzardato potrebbe celare qualche sorpresa … come a me. Optando per un percorso “Scenic trail” ho dovuto mettere a dura prova sia la forza fisica sia i giramenti di testa che, in alcuni tratti, sono stati dominanti. Ma che bellezza, alla fine, sentire d’essere riuscita nell’impresa superando massi insidiosi e dirupi scoscesi. Un profondo senso di gratitudine scioglie i brividi e, alzando lo sguardo verso la cima del Boglia ancora assolata, già penso alla prossima avventura, alla prossima conquista … di me stessa.

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